Selfhelp

Amiche con i figli chi non ne ha?

– Ho passato i trent’anni e anch’io ho amiche con figli.
– Benvenuuuta. 
Sì, questo potrebbe essere l’inizio di un film nel quale la protagonista prende parte ad un incontro per ex veterani con sindrome post-traumatica. Certo non è proprio come attraversare un campo minato, portare in salvo un compagno con il fuoco nemico alle spalle o stare in trincea sotto il diluvio, ma se avete amiche con figli di tanto in tanto un caschetto in testa va messo: quanto meno per proteggersi dai giochini che i loro adorati pargoli potrebbero amorevolmente lanciarvi addosso. Eh sì, qualche difficoltà da vera combattente tocca affrontarla, se non si vogliono perdere le proprie amiche divenute ormai mamme a tempo pieno. Quindi reggetevi forte perché oggi vi racconto una storia a metà strada fra una commedia all’italiana e un poliziesco, condita con dita impiastricciate di pappina infilate nello zucchero e poi servito nel caffè, di acquerelli e Uniposca sulla Obag color avorio e tante ma tante chiacchierate fatte con me stessa intanto che le mie amiche, distratte, cercavano di far pronunciare ai propri figli la fatidica parolina: “Dai, di’ maaaamma…su, mam-ma. Niente, ancora non capisce”.
Secondo me, invece, la bambina capiva eccome. Proprio come nel film “Senti chi parla”. Aveva la classica espressione di chi pensa di avere a che fare con due rincitrullite…E come darle torto?!

Ma procediamo per gradi.

Ho passato i trent’anni e anche io ho amiche con figli. Quando ho ricevuto per la prima volta la notizia che la mia amica Laura era incinta ho pensato: “Oddio, e adesso?”. Poi mi ha mostrato la foto della sua ecografia, cercando di spiegarmi cosa fosse, proprio come si fa con chi ha un leggero ritardo cognitivo:

“Allora concentrata: quuuesta è la camera gestazionale”.
“La che?”.
“La camera gestazionale. Dai, andiamo avanti. Quuuesto qui è il feto”.
“Cosa?”.
“Giù, il bambino”.
“Ah, e dove sta?”.

Lo so, è dura da mandar giù. Capire che a breve la vita di una delle proprie migliore amiche sarà ribaltata come una frittata, come un pancake, come le montagne russe di un luna park manda decisamente in tilt parecchie sinapsi. Praticamente bisogna riformattare tutto: i tempi del tè (quando si riesce a prepararlo senza che ci finiscano dentro le paperelle per il bagnetto), i tempi del caffè (quando ci si riesce a vedere in caffetteria), i tempi del cinema (di solito a sera mooolto tarda, quando i figli già dormono e il marito è complice di quella che chiamerei una “fuga di mezzanotte”). Bisogna, insomma, accettare il fatto che tutto non sarà mai più come prima. E diventa a dir poco necessario trasformarsi in strateghe esperte di tattiche di guerriglia familiare per riuscire ad esser complici dei piani criminosi di fuga delle vostre amiche.

“La’, sono già fuori. Quando arrivi?”
“Sei tu dietro il muretto?”
“Oh signore…Sì, si. Dai, che si sono già fermate due auto a chiedermi il prezzo”.
“Ah, e quanto gli hai fatto?”.
“La’ “. 
“Ho capito, stavo scherzando. Dai, il tempo di distrarre la bambina”.

E così via. Si passa da una seratina a teatro trascorsa a parlare con il vicino di posto (fascinoso, se si è fortunate) intanto che la vostra amica a 10 minuti netti dall’apertura del sipario già ronfa, ad una sauna lampo in Spa con massaggiatrice isterica che cerca disperatamente di creare un ambiente rilassare inconsapevole del fatto che quell’ora per noi diventa di vitale importanza per poterci raccontare tutto.
Io e Laura, pur di stare insieme, abbiamo provato anche con il corso di yoga per manager (quello delle 11 di sera): lei aveva assolutamente bisogno di rilassarsi, io di alleggerire il dolore al nervo sciatico. E quindi ci siamo dette: dai, fa niente che è tardi, facciamo yoga così stiamo insieme. E niente, parlavamo tutto il tempo. Quindi l’insegnante prima ci ha divise, poi ci ha suggerito di darci al fitness. Insomma, non ci siamo più andate! 
Però Laura – che è una mamma sopra le righe – appassionata di un sacco di cose, ha trovato subito la soluzione.

“Domani si va al Body Active Strange Strong Workout”.
“Maro’, e che cos’è?”
“Una nuova palestra: apre alle 6”.
“Tardino però. Tu ce la fai?”
“Giù, le 6 del mattino. Non ho detto alle 18, testona.”
“Oh Gesù, ma è l’alba”.
“Lo so, ma è fantastico se ci pensi: possiamo fare il corso di total-full-workout dalle 6 alle 6.30, provare power-extrame-stretch fino alle 7, fare un giro nell’area ristoro, prendere un cappuccino alle 7.15 e per le 7.30 siamo di nuovo a casa”.
“La’, ma io inizio a lavorare alle 9 domani”.
“Peeerfetto. Così hai anche il tempo per farti un’altra oretta di sonno quando torni”.

Ecco fatto, tutto organizzato. Praticamente le mie attività le organizza la mia mamma-amica che calibra tutto su fuso orario di Kyoto. Non c’è possibilità alcuna che sbagli perché sono i figli ad essere regolati sul quel fuso orario. Quando proprio vogliamo esagerare con le chiacchiere senza interferire con le altre attività (familiari e lavorative), ci mandiamo dei lunghi messaggi su whatsapp che io ascolto in auto mentre vado al lavoro sorseggiando del caffellatte a portar via, Laura invece chiusa in bagno a chiave: nel mezzo fa la ceretta, la messa in piega, e possibilmente anche la manicure. Tutto rigorosamente da guinness dei primati intanto che i bambini cercano di buttare a terra la porta.
A pensarci bene la sua vita con figli ha un che di magico. E anche se riuscire a vederci è paragonabile solo alle dodici fatiche di Ercole, lei ci mette impegno. E io dal canto mio faccio lo stesso. Certo è dura soprattutto per una come me che la mattina ama fare tutto con calma e alle 10 di sera ha già il classico abbiocco da ottantenne narcolettica. Spesso mi tocca infilare i jeans all’ultimo minuto e struccata fiondarmi nella sua auto per una pausa caffè alla Starsky and Hutch. Nonostante questo, i nostri momenti insieme sono straordinariamente divertenti: tutto è condensato e fugace. Un po’ come il grande amore in tutti i romanzi di Nicholas Sparks. Alla fine – superato il brutto colpo dei primi mesi: fatto di poppate, pampers e qualche pampero sorseggiato di nascosto per superare le nottate insonni – siamo tornate ad essere quelle di sempre. Che scherzano sugli uomini, fanno battute sui colleghi, si organizzano per feste a tema e vanno in piscina a prendere il sole. Adesso abbiamo solo un problema…

Aaaah, ora tocca a te”.
“Fare carte?”, domando mentre scrivo i punti della scala 40 e allungo il bicchiere fiorato dell’acqua alla piccolina che mi guarda incupita.
“No, cara. Fare un bambino”.
“Per carità… Non dirlo neanche per scherzo. Basti già tu!”
“Ma che dici, non è mica la stessa cosa”.
“Ovviamente. La parte più dura è toccata a te. A me lascia la parte migliore!”.
“Che sarebbe?”
“Fare la zia part time…Orari comodi e tempi limitati. Non immagini che soddisfazione mi dà…”

Stay with me, e il seguito lo scoprirete la prossima volta.

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