Cinema & Letteratura

“BLADE RUNNER 2049…UNA VOCE FUORI DAL CORO!”

In procinto di recarmi per la seconda sera di fila al cinema (sì, è così che accade quando si è in fase depressiva) mi ritrovo a riflettere sui soldi spesi soltanto ieri per il sequel di quello che a suo tempo è stato un film straordinario: “Blade Runner”(1982). Partendo sempre dal presupposto che da brava studiosa prima di scrivere ogni cosa ho la propensione a documentarmi, mi sono gettata nello sconfinato web per leggere le più disparate opinioni su questo attesissimo seguito e dopo un bel po’ di tempo passato a piluccare di qua e di là tra una critica entusiasta e l’altra, tra l’esaltazione degli attori di ultima generazione e le superbe musiche della nuova pellicola, mi ha colto un pensiero non da poco: e se avessero speso un po’ meno per un remake di Star Trek degli anni ’70 può essere che veniva fuori qualcosa di meglio? Bè, alla luce di quello che ho visto il dubbio è lecito. Eppure di questo film ne parlano tutti. E anche molto bene. Cos’è che non ho colto? Possibile che quella rintronata sono io mentre quest’ultimo Blade Runner merita un Oscar? Non saprei, per ora i fatti sono questi: ho trascorso ben 3 ore di pellicola cercando la giusta posizione ( perché dopo un paio d’ore seduta a guardare un film che non piace neanche lo yoga è più di aiuto), cullata dallo scricchiolio dei pop corn rosicchiati dall’unico altro disperato presente in sala, con il pensiero che stessi sottraendo tempo utile alla mia vita. Sconfortata non ho comunque mollato e mi sono detta: “Dai, ormai sei qui. Il film è iniziato da più di un’ora e ancora non si capisce nulla. Ma vedrai che si riprende, sii fiduciosa…Nel frattempo ragiona sul plot, sulla fotografia (davvero niente male), sull’adattamento, i cambi di focus…”. Insomma mi sono improvvisata mentalmente critico cinematografico dimenticando di godermi il film…E alla fine, quindi, cosa è saltato fuori? Per aiutarvi a capire vi racconto la trama.
Dopo una serie di terrificanti rivolte risalenti all’anno 2020, i replicanti prodotti dalla società Tyrell sono stati messi al bando. Nello stesso anno, un enorme black out ha distrutto ogni dato digitale del pianeta e, come se non bastasse, gravi cambiamenti climatici hanno dato il via ad una stagione di carestie. Insomma, una tragedia!!! I pochi umani sopravvissuti vivono solo grazie alle colture sintetiche della Wallace, una società con a capo il misterioso Neander Wallace (un non più affascinante Jared Leto che in 3 ore di film compare a stento per 15 minuti…una tristezza!) che ha acquisito le vecchie tecnologie della Tyrell per sviluppare una nuova serie di replicanti ubbidienti all’uomo e dalla longevità indefinita. Il perchè voglia rendere, però, i replicanti immortali non si capisce, visto che ne uccide uno lui stesso all’inizio del film!
Ecco io, al posto vostro, già qui mi inizierei a chiedere dove si vuol andare a parare. Soprattutto se nel film quello che vi ho spiegato nella maniera più semplice possibile finisce per essere raccontato in maniera freudiana in circa 2 ore e mezzo. Da manicomio! Ma arriviamo al pezzo da 90 del film, il protagonista. 
Reso più macho da tanta palestra e da iniezioni vitaminiche (diciamo così…), Ryan Gosling è l’Agente K (agente X sarebbe stato troppo banale) un Blade Runner incaricato di ritirare i vecchi modelli che ancora vivono in clandestinità. Ma guarda caso durante la sua ultima missione (cioè all’inizio del film) scopre l’esistenza di un bambino nato inspiegabilmente da un replicante che sembra avere molte cose in comune con il suo passato.
Detta così sembra sempre facile, vero? Eppure in 3 ore, sceneggiatore e regista sono riusciti a fare un macello. Non ultimo il tragico ritorno di Harrison Ford che come Antonio Banderas non accetta il passare del tempo e quindi si lancia in rocambolesche scene d’azione. Un eroe vintage indecoroso insomma, che come nel più classico dei film americani prima spara, picchia, calpesta e distrugge e poi, allo stremo delle forze, chiede al suo antagonista “Ma tu chi sei? Cosa vuoi?”. 
Quindi, tirando due righe, tutto il fascino meraviglioso e accattivante della futuristica città vista nel 1982 – costantemente avvinta da una pioggia incessante e illuminata da impareggiabile luci al neon – è definitivamente svanito, surclassato da effetti speciali degni di riguardo solo nell’ultima mezz’ora di film. Ryan Gosling funziona meglio come ballerino in “La La Land”, Jared Leto sul palco dei “Thirty seconds to Mars” (ho visto un loro concerto quindi, credetemi, è proprio così) ed Harrison Ford come golfista principiante. In ultimo piangiamo al ricordo dell’impareggiabile Rutger Hauer che ha regalato a molti cinefili emozioni indimenticabili consegnando alla memoria la celeberrima frase: “ Ho visto cose che voi umani non potreste neanche immaginarvi”. E infatti, facendola mia, dopo 3 ore di lenta agonia posso anch’io affermare di aver visto cose che sarebbe stato meglio non immaginare.

Di nuovo never a joy manco al cinema.😕🙃

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