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ADDIO AL NUBILATO? E’ TUTTO LAVORO … D’IMMAGINAZIONE!

A pochi giorni dal matrimonio della nostra migliore amica, eccoci tutte riunite (noi altre senza la Ste’) ad organizzare un giorno che a memoria d’uomo, anzi di donna, dovrebbe essere memorabile: l’addio al nubilato! Insomma la nostra amica – dopo anni e anni di fidanzamento – ha deciso di cambiare vita…Lo so, alcune di noi avrebbero preferito organizzarle una festa di addio prima di una partenza con biglietto di sola andata per la Spagna o ancora meglio per i Caraibi. Ma lei no: è tradizionalista, e ha deciso semplicemente di sposarsi!

Urge dunque una bella scossa, un qualcosa di indimenticabile che quanto meno le dia l’idea di cosa c’è nel mondo, di quante infinite possibilità la specie umana offra ai suoi stessi simili, di quanti homo homini lupus siano capaci di mostrarci nuovi straordinari orizzonti. Insomma, volendo citare niente meno che Cristoforo Colombo direi: “Se vuoi scoprire quanto è vasto l’oceano allora devi allontanarti dalla riva”.  Quella calma, tranquilla e rassicurante riva. E chi se non noi, amiche del corazon, potevamo pensare di organizzare una spedizione oltre mare per far pregustare alla Stè luoghi inesplorati, cibi esotici e tipicità tipiche dagli addominali scolpiti, i pettorali lucidati come la prua di una nave e i bicipiti gonfi come cocomeri? L’addio al nubilato serve a questo.

Devo però precisare che l’idea di massima (l’idea…) era questa. La domanda che dovreste porvi voi, invece, è quest’altra: saranno state capaci le nostre intrepide girls di organizzare cotante meraviglie?

Premesso che nel nostro gruppo l’organizzatrice di eventi in genere sono io, questa volta ho preferito demandare. Basta, quindi, fare sempre la solita “event organizer”. Ho gettato via l’agenda con tutti i contatti di spogliarellisti da giramento di testa e ho evitato di prenotare il locale di burlesque per vedere l’ultimo spettacolo di Dita Von Teese. Certo, i miei buoni consigli li ho comunque elargiti – anche quando non richiesti – solo per non rischiare la catastrofe. Ma in linea di massima ho preferito lasciar fare alle altre. Sì, questa volta mi sono voluta fidare…

Eccoci allora sedute all’aria aperta, di fronte ad un chiringuito a due passi da Riva dei Ginepri. Io pregusto il mio tè freddo (come al solito) mentre la Lu’ e la Ila’ fanno la lista dei luoghi possibilmente papabili.

“Giù, allora, stavamo pensando…”

“Bocciato”.

“Ma non abbiamo ancora detto niente”.

“Ah, è vero. Dai, dimmi”.

“Abbiamo avuto un’idea grandiosa…”

“Niente meno – dico girando lo sguardo – Forza, stupitemi”.

“Io avrei pensato ad una trattoria fa.vo.lo.sa, che cucina tutti piatti tipici lucani”, dice con un gran sorriso la Lu’.

“E…”, la sollecito io dopo un attimo di silenzio.

“E si trova vicino la diga del Pertusillo, nel cuore del bosco. Ma proprio nel cuore cuore.”.

“E…”.

“E si mangia molto bene e si paga molto poco”.

Ecco. Mi rifiuto di aggiungere un altro “E” perché è chiaro che non c’è altro da aggiungere, salvo farmi venire in mente scene horror da film come “Non aprite quella porta”, “Le colline hanno gli occhi” o ancora meglio “La casa nel bosco”. Alla fine tutti i protagonisti muoiono!

Sospirando in silenzio per non urtare la sensibilità e l’impegno della mia amica, giro la testa a guardare la Ila’ nella speranza che abbia pensato a qualcosa di più interessante.

“Io, invece, avrei pensato ad una cosa ancora più figa…”.

Il silenzio si fa parlante, l’attimo di suspance dura troppo. Inizio a tremare nonostante sulla spiaggia ci siano ben 35 gradi. Il terrore mi avvolge.

“Ho trovato un posto fa.vo.lo.so … ”.

Parte anche lei con lo stesso aggettivo, ora vediamo…

“… nel quale…”

… Spero non uccidano la gente, penso sempre più agitata.

“ …nel quale allevano…Sentite, sentite: gli alpaca”.

Gli alpaca? Ho sentito bene?

“Ila’ ma intendi quegli animali a forma di lama?”

“Giù, non sono a forma di lama. Sono alpaca, e poi non sputano”.

“Ah, bè…allora stiamo a posto! E dove si trova questo…allevamento?”

“In un bosco. C’è un tratto da far a piedi, su su per un sentiero. E poi giù giù per la valle. Si passa su un ponte tibetano in legno e dopo, oltrepassato il fiumiciattolo si arriva ad un rifugio. Ed eccoci arrivate!”

Ah, ma è stupendo. Praticamente è una variante alla proposta della Lu’ con aggiunta di corso di sopravvivenza. E alla fine non si mangia neanche. A meno che non siano previsti atti di cannibalismo sugli alpaca.

Tornata a sorseggiare il mio tè, decisamente meno tranquilla di prima, prendo un gran respiro e aggiungo.

“Ragazze, sono tutte proposte moooolto interessanti. Vedo che avete attinto dai miei suggerimenti in merito all’idea di organizzare qualcosa di tranquillo per la nostra amica. Io, però, sarei dell’avviso di fare qualcosa di meno naturalistico. Magari un posto dove possiamo evitare di usare gli scarponi da trekking e mettere, che ne so, un paio di Jimmy Choo. Che ne dite?”

La Lu’ mi guarda perplessa e aggiunge: “Le Jimmy Choo puoi metterle anche in trattoria. È un posto elegante, cosa credi?”.

Bè, insomma…Non direi proprio. Ad ogni modo, dopo aver contrattato per almeno una decina di ore lungo il bagnasciuga, sopra la sdraio, di nuovo nel chiringuito (questa volta chiedendo di prepararmi un cocktail alcolico), poi in macchina, ancora a casa usando i messaggi vocali di whatsapp e infine nel letto (con il mio compagno di fianco che a tratti avrà pensato che avessi un amante), eccoci giunte ad una conclusione.

Il gran giorno dell’addio al nubilato è arrivato e senza troppe sorprese ci ha portate nel nostro localino preferito del centro storico.  Sì, perché qui si mangia come in una fa.vo.lo.sa trattoria, cucinano alpaca…Ah, no: quelli non si mangiano. Però devo dire che lo chef gli somiglia molto. E dulcis in fundo hanno assunto un nuovo cameriere che ben volentieri farei rientrare nella mia agendina degli spogliarellisti. Sì, perché in verità quella non credo la butterò mai!

P.S Alla fine la Stè si è divertita lo stesso a ipotizzare la circonferenza del bicipite del suddetto cameriere. La Lu’ ha mangiato divinamente e la Ila’ ci ha parlato tutto il tempo degli alpaca.

E io? Bè, io mi diverto sempre con poco…

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